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I Fortini Umbertini dell'area dello Stretto

...potrà ancora fortificarsi uno stretto che congiunge due mari,

come per noi lo stretto di Messina, al fine di garantire transito

alla propria flotta ed impedirlo alla flotta avversaria...

M. Borgatti, 1898


fortini umbertini campo-calabroDopo la liberazione di Roma, il nuovo stato italiano doveva creare una propria organizzazione militare, sostituire i vecchi armamenti, allestire una vera flotta, definire le posizioni strategiche da fortificare; inoltre, le nuove scelte di politica espansionistica del Regno d'Italia imponevano la necessità di elaborare un piano generale delle fortificazioni, che tenesse conto di futuri ed ipotetici scenari di guerra.

Nell'ottobre del 1880, il Ministro della Guerra - Generale Milon - nominò una commissione permanente, presieduta dapprima da Luigi Mezzacapo ed in seguito da Giuseppe Salvatore Pianel, per completare lo studio ed elaborare il secondo piano generale delle fortificazioni, che avrebbe tenuto conto anche dei nuovi probabili teatri di guerra per una più efficace difesa dell'Italia peninsulare contro operazioni di sbarco. A questo fine, il Ministro indicava con urgenza i punti della costa tirrenica da fortificare, compreso lo Stretto di Messina. Circa la fortificazione di Messina, la Commissione riconobbe la necessità di studiarne la sistemazione per farne un luogo di riferimento e di rifugio sia per la flotta sia per le truppe assegnate alla difesa della Sicilia, nonché una testa di ponte per assicurare le comunicazioni dell'Isola con il continente. In questo luogo, punto di passaggio obbligato per il Mediterraneo settentrionale, lo Stato Maggiore dell'Esercito Italiano decise di realizzare un complesso di 24 fortezze che avrebbero costituito il limite invalicabile per il nemico. Il Regio Decreto del 7 Dicembre 1882 n. 1128 accoglieva in toto i suggerimenti della commissione e dichiarava di pubblica utilità la costruzione delle opere di fortificazione dello Stretto e della Piazza di Messina. Tale documento dava l'avvio alle procedure di esproprio delle terre ed ai conseguenti lavori di costruzione che da lì a poco lo Stato Maggiore dell'Esercito Italiano avrebbe portato a termine con la nascita di una ventina di strutture militari, in seguito denominati con l'appellativo di Forti Umbertini. Di questi forti, 15 vennero fatti costruire sulla sponda sicula e 9 sulla sponda calabra.

Nel periodo compreso tra il 1885 e il 1892, sia sul versante peloritano che su quello aspromontano dello Stretto di Messina, sorsero, a sua difesa, 24 fortezze per il posizionamento della cosiddetta "Artiglieria da costa"; quell'area, infatti, all'epoca era considerata uno degli elementi nodali della difesa nazionale oltre che punto nevralgico della navigazione commerciale nel Mediterraneo.

 fortino 01 fortino 02 fortino 04 fortino 03Le ventiquattro batterie da costa, denominate "Forti Umbertini" in riferimento all'epoca ed al sovrano  in quel tempo regnante, sono state ideate e progettate dal Generale L. Mezzacapo mentre ricopriva il ruolo di ministro della Guerra. Esse costituiscono tutt'oggi un caso forse unico di sistema fortificato con artiglieria in posizione, ma - se si esclude l'utilizzo dei forti dello Stretto come sede di poche guarnigioni di fanteria durante il conflitto italo-turco ed il posizionamento, in alcune strutture, di artiglierie contraeree durante il secondo conflitto mondiale - non hanno mai avuto un determinante impiego militare: l'invenzione dell'aereo ed il suo conseguente impiego tattico-operativo nei conflitti aveva stravolto l'idea stessa di guerra e, improvvisamente, i forti umbertini, concepiti per essere invisibili dal mare ma non dal cielo, si ritrovarono ad essere già superati senza neppure essere messi alla prova dei fatti.

I Forti dell'area dello Stretto sono, nel lessico militare, manufatti appartenenti alla categoria delle "fortificazioni artificiali permanenti" disposte in modo tale da formare un sistema difensivo chiamato "campo trincerato" a forti e batterie staccate, collegati tatticamente fra loro, ideato come risposta dell'architettura militare allo sviluppo tecnologico delle artiglierie. Il sistema di difesa prevedeva dei forti staccati, per l'alloggiamento delle truppe, dei magazzini, dei depositi di munizioni e delle batterie intermedie di osservazione e collegamento.

L'architettura dei forti é stata fortemente condizionata dalle esigenze strategico-militari: realizzati prevalentemente a mezzacosta, per permettere un risultato più efficace alle artiglierie, hanno gli ingressi a sud-ovest; tutte le batterie sono orientate a nord-est ed hanno i terrapieni rivolti verso il mare, per controllare da un lato il movimento navale nello Stretto (verso la cui direzione erano posizionati gli obici da 280 millimetri con una portata di 7.000 metri) e dall'altro assorbire, con i terrapieni, gli effetti dei proiettili lanciati dai cannoni situati bordo delle navi attaccanti. Per ottimizzare la difesa da terra, le batterie sono state costruite con i fossati di gola, mentre le pareti dei muri di cinta sono state dotate di strette feritoie strombate per il posizionamento della fucileria. Il loro sistema di costruzione é basato su un'idea di mimetizzazione, che teneva conto dei mezzi bellici presenti all'epoca della loro ideazione: l'alloggiamento del forte veniva, infatti, ricavato scavando il fianco interno della collina e addossando ad esso la costruzione; in tal modo, il fianco esterno rimaneva inalterato alla vista dal mare e non dava adito ad alcun sospetto circa quello che in effetti nascondeva. Questo espediente faceva in modo di riservare alla costruzione un solo prospetto, quello interno dal lato del ponte levatoio; invisibili alla vista frontale, ma perfettamente individuabile alla vista zenitale, i forti risultavano pertanto del tutto inservibili nel caso di un attacco dal cielo.

Parallelamente all'edificazione dei fortini é stata realizzata una ricca rete di collegamento con strade carrozzabili che, traversando zone di intensa bellezza panoramica, rendevano possibile l'attraversamento di monti e valli altrimenti irraggiungibili e che costituiscono ancora oggi, insieme ai forti, una risorsa ed un patrimonio  storico-naturalistico di incommensurabile entità. Tre di questi  manufatti  di edilizia militare insistono nel territorio del comune di Campo Calabro, nella frazione Matiniti ,sulle le colline che sovrastano l'abitato. Presidiati da truppe dell' Esercito Italiano sino al 1984, i Fortini sono stati dismessi come strutture militari ed hanno  subito un progressivo degrado dovuto all'interruzione dei lavori di manutenzione e da atti di vandalismo.

 

FORTE SIACCI
Tipo di opera staccata presenta la forma di un poligono di quattro lati, di forma trapezoidale, con fronte di gola lungo 205 metri e lato circa 80, completamente coperto di terra; il tracciato dipende dalla forma del terreno e dalla direzione nella quale devono tirare i pezzi di fiancheggiamento.

L'opera è circondata da un profondo fossato continuo, largo fino a dieci metri al fronte di gola, fiancheggiato da un rivestimento di controscarpa. Il fosso così costituito è l'ostacolo di maggior resistenza, di maggior durata e che presenta la maggior difficoltà all'avversario che tenta l'assalto dell'opera.

Il fronte principale è rettilineo, interrotto da un magazzino alla prova, completamente coperto da masse di terra.

L'ampio fossato è oltrepassabile tramite un ponte elevatoio, che immette in uno spiazzale interno, indispensabile per le manovre militari.

L'interno è strutturato in modo da lasciare in muratura scoperta solo i lati degli edifici esposti verso il fronte difensivo. Quasi tutti i locali sono collocati lungo la "magistrale" dell'opera (linea di perimetro), collegati internamente da corridoi passanti tutto lo sviluppo del forte e da una serie di scale e rampe, per permettere alle batterie di salire sui rampari.

I locali nella cortina di gola sono sistemati a destra e sinistra dell'androne d'ingresso: qui si trovavano il comando, i locali degli ufficiali, camerate e dormitori, l'infermeria, le latrine, i magazzini ed i  ripostigli; sotto di essi sono ricavati altri locali casamattati, per la difesa del fossato di gola.

Ai fianchi del profilo si trovano le casamatte per mitragliere di fiancheggiamento del fossato e le caponiere.

L'armamento classico di questo tipo di fortificazione consisteva in: quattordici postazioni di artiglieria sul fronte principale (dieci cannoni di medio calibro, 149G su affusto da difesa e quattro obici da 210G) e tre su ciascun fianco (cannoni da 120G), tutte collocate sulle piazzole dei rampari; quattro cannoncini 87B collocati sul fronte di gola e dieci mitragliatrici a due canne disposte nelle caponiere, tramite le quali si completava la difesa anche dalle aggressioni ravvicinate.

Accorgimenti sofisticati e funzionali furono utilizzati per garantire la riserva d'acqua, l'isolamento delle polveri dall'umidità e facilitare il traino dei cannoni.

POGGIO PIGNATELLI E MATINITI INFERIORE
Di dimensioni molto più ridotte rispetto al Siacci, Poggio Pignatelli presenta un fronte di gola lungo 116 metri, Matiniti Inferiore 141 metri, mentre i lati sono lunghi circa 65 metri in entrambi. Vi si accede tramite ponti elevatoi su fosso asciutto perimetrale, dove la scarpata è presidiata dal muro distaccato alla Carnot, con feritoie per fucilieri. Ai due angoli di spalla, arrotondati, sporgono le caponiere casamattate per il fiancheggiamento del fosso, provviste di fuciliere. L'ingresso, immette immediatamente sul terrazzo, dove venivano posizionate le artiglierie e dal quale, tramite rampe o scale, si scende al livello dei magazzini ed ancora più sotto ai ricoveri le cui finestre danno sul fronte di gola. Come per il forte Siacci, anche in questi forti é presente un sistema di aerazione, per i magazzini delle polveri, costituito da vespai e intercapedini.

Testi e schede descrittive di Caterina Musolino

Foto di Lietta Repaci

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